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Maestra Francesca Sivieri, una goccia nell'oceano, anzi... nel prato!


Tra le tante cose spiacevoli ed evidentemente negative, la pandemia sta offrendo anche qualcosa di bello e interessante: un fermento molto intenso in ambito educativo, alimentato (per certi versi virtuosamente) dalla tecnologia.

Certo, mi è già stato obiettato che di scuola l'opinione pubblica avrebbe fatto meglio ad occuparsi prima del "patatrac", e questo è sicuramente vero, ma di scuola comunque si sta parlando, con le sue contraddizioni micro e macroscopiche, per quanto a volte a sproposito, e mi pare comunque un buon segno.

Altro segnale incoraggiante, sperando non sia la (già vista) ipocrita attestazione di merito, è l'inserimento di una maestra, una (ex) perfetta sconosciuta, nella lista delle candidate al titolo di "donna dell'anno" di "D di Repubblica", 50 donne che hanno "lasciato il segno nel 2020".

Si tratta della pratese Francesca Sivieri, giunta alle cronache la scorsa primavera per la sua iniziativa "disubbidiente" andata in scena nel parco poco lontano dalla scuola in cui insegnava (imperfetto indicativo, dato che non ci insegna più): libri alla mano, ha letto storie nel prato per i suoi bambini, con la scuola (dell'infanzia) ovviamente chiusa.

La sua vicenda mi ha molto colpito, soprattutto per le inaspettate reazioni che ne sono seguite: reazione del sindacato, che ha criticato duramente l'operato dell'insegnante per aver fatto passare come delle "vagabonde" le colleghe (?!), difesa e rivolta da parte delle famiglie, poi dietro front della CISL. Francesca in tutto questo non è arretrata di un passo, nemmeno di fronte all'accusa di "disobbedienza civile", e ha anzi incitato altre colleghe a fare altrettanto, lanciando l'hashtag #pratinellestorie dalla pagina Facebook creata ad hoc.


Se sono qui a parlare di lei è perchè non condivido ovviamente nella misura più assoluta le critiche rivolte anche da molti della mia categoria (ammesso esista!), gli insegnanti. L'insegnamento non è una missione ma una professione, sebbene per certi versi "speciale". Ognuno ha il diritto di viverla e interpretarla come meglio crede, cosa che del resto succede ogni giorno, volenti o nolenti, appena (ma non esclusivamente) un maestro o un professore varcano la soglia della scuola, anche e soprattutto in situazioni "normali". L'iniziativa è stata poi ovviamente filtrata dai media, i primi a parlare di "disobbedienza civile", cosa a cui Francesca certamente non pensava. Le sue lezioni si sono svolte nel rispetto delle misure anti-contagio e con il benestare entusiasta delle famiglie: se, come leggevo ieri, educare al rispetto significa rifuggire la "cieca obbedienza" come la "cieca opposizione", la sua iniziativa non ha davvero danneggiato, non ha tolto nulla a nessuno (nemmeno ai colleghi "ubbidienti"), ma anzi sicuramente fatto del bene a chi più ne necessitava: i bambini, i grandi dimenticati.


Qualche giorno fa, dopo aver letto la notizia e averla votata, l'ho contattata tramite Facebook (chissà se mi risponderà..?!). Ne è scaturita una breve ma intensa conversazione, apertasi dai miei complimenti e dalla domanda che mi tormenta da mesi, quella relativa alla permanenza in una scuola e in un sistema, quello scolastico "tradizionale", di cui non si condividono aspetti fondamentali. Che fare? La risposta Francesca non me l'ha data, ovviamente, ma alcune sue frasi sono state illuminanti, citazioni da Gandhi e Maria Teresa di Calcutta incluse. Come le ho confessato con grande sincerità, la considero un altro tassello di un puzzle che si sta lentamente formando, un'altra piccola, ma fondamentale e irripetibile goccia nell'oceano (o nel prato).


Curiosamente, in questi giorni qualcosa di simile a quanto accaduto a Francesca Sivieri si sta riproponendo, con le proteste/dimostrazioni pacifiche degli studenti in DAD fuori dalle scuole, anche loro tacciati di disobbedire alle regole e danneggiare chi le starebbe invece seguendo alla lettera.

Come scrisse il grande Don Milani, "l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni."



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