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Formazione degli insegnanti, tutto da rifare!

Aggiornamento: 27 dic 2020



Ho appena cominciato la lettura di un libro che sicuramente sarà prezioso, e non dico "illuminante" solo perchè già ne conosco un po' le tematiche, grazie a video e letture sempre a cura della stessa autrice, fatte i mesi scorsi: Non basta diventare grandi per essere adulti della pedagogista Emily Mignanelli.


Classe '87,(come me), Emily si occupa da anni di genitorialità, infanzia, educazione e istruzione al di fuori dei circuiti "tradizionali", e giunge ora al "grande pubblico" con un libro edito da Feltrinelli che vuole essere un accompagnamento necessario quanto doloroso per i genitori e in generale gli educatori.

Adulti che non possono essere tali solo perchè giunti all'età in cui la legge lo prescrive; adulti più che mai smarriti, soprattutto quando diventino genitori; adulti che non hanno mai "smesso di essere figli" e che da figli dei propri genitori continueranno a fare il male, pur senza volerlo e nemmeno saperlo, ai propri stessi discendenti.


Scriverò più diffusamente di quest'opera fra qualche tempo; per ora vorrei affrontare invece una tematica che sicuramente emerge anche nel libro e che ho sentito nei recenti interventi della Mignanelli a proposito della scuola: essere "grande" non significa automaticamente essere "adulto", e le conseguenze (nefaste) di questa mancata, completa equazione vengono moltiplicate all'ennesima potenza quando l'"adulto-bambino" fa l'educatore di professione.


Principalmente, ma non esclusivamente, per questo motivo, la pedagogista, nella sua scuola marchigiana - ispirata ai principi di Maria Montessori e non solo - prescrive l'analisi (psicoterapica si intende) a tutti i suoi docenti: come affiancare bambini e ragazzi nella crescita quando non si è scoperto e abbracciato il proprio "bambino interiore", quando non si è consapevoli delle dinamiche (integenerazionali) che ci affliggono?


Si tratta di un requisito che anch'io riterrei imprescindibile per la scuola tout court, e che appare invece come pura utopia, se non "irrispettoso" (immagino già i commenti di alcuni), secondo i canoni tradizionali.

Un docente in terapia significa invece un "grande" che diventa davvero "adulto", che non confligge coi suoi "utenti" ma li tratta con rispetto, empatia, autentica accoglienza, senza riversare su di loro il carico di frustrazioni, sensi di colpa, dolore e sofferenza che la non rielaborata "sanguinosa infanzia" (per citare lo scrittore Michele Mari) porta (praticamente sempre) con sè.


Si parla spesso di docenti inadeguati intendendoli come non sufficientemente preparati sul piano "cattedratico"; ben pochi si pongono questioni di didattica o pedagogia (questa sconosciuta, a scuola, ho già avuto modo di dire). Si menziona infine l'aspetto psicologico o psichiatrico solo a proposito del burn-out degli insegnanti e altri problemi che, seppur presenti, appaiono marginali di fronte a una maxi falla del sistema (e della società tutta): cosa può insegnare, come può educare chi non ha consapevolezza di sè, del proprio vissuto e dei propri "demoni"?


Risolto questo problema, molti altre questioni verrebbero come "assorbite", annullate di conseguenza: non ci sarebbe bisogno, ad esempio, di un'educazione emozionale perchè l'empatia scaturita da un percorso del genere basterebbe a sostenere tutta una carriera. O ancora, chi non si sia sentito riconosciuto e valorizzato da piccolo non sceglierebbe proprio professioni di aiuto (fra cui bisogna mettere quella dell'insegnante) per rifarsi dei torti e delle privazioni subite.


Quello che invece l'attuale sistema scolastico tradizionale chiede ai suoi docenti o aspiranti tali è la perfetta cartina al tornasole di quello che è la scuola stessa: un luogo in cui la fanno da padrone il nozionismo (cognitivismo, direbbe il prof Paolo Mottana), l'omologazione, la totale e frettolosa inconsapevolezza (di sè, del proprio ruolo, del bambino o dell'adolescente).


A farne le spese, ovviamente, un po' tutti, senza bisogno di fare classifiche. Tutti escono perdenti da un simile gioco al massacro che ha come primo tassello proprio la formazione di chi, alla fine dei conti, la scuola la porta avanti.

Formazione imprescindibile anche per cambiare una mentalità, senza la quale niente può trasformarsi, come ebbe modo di dire anche la grande Grazia Honneger Fresco, allieva diretta della Montessori.


E' finito il tempo di nascondere la testa sotto la sabbia... come professionisti, e come uomini e donne.


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