Essere genitore pone di fronte a scelte. Continue.
Si pensa subito ai grandi interrogativi esistenziali, o alle più pratiche, ma fondamentali, questioni di ogni giorno, rese più urgenti dalla quotidianità stravolta e dall'orizzonte cupo che ci troviamo a fronteggiare.
Ma ci sono scelte meno evidenti, subdole, persino, perchè non sembrano tali.
Essere (o meno) il genitore che ti dice che i calzini vanno messi non spaiati, o un paio alla volta.
Essere (o meno) il genitore che ti mette sempre fretta, anche quando fretta non ce n'è, costringendoti a un passo che non è il tuo.
O quello che "Abbassa la voce, non si urla", anche se non si darebbe fastidio a nessuno.
L'elenco potrebbe essere lungo, ognuno troverà il suo esempio.
Non credo che il punto sia tanto "di permettere" una cosa o meno, quanto chiedersi il perchè di quanto si dà per scontato, "da grande". Essere consapevoli che certi automatismi sono tali e a volte ci controllano. E chiedersi se davvero quello che ci pare automatico come mettere due calzini uguali sia davvero, momento per momento, la cosa migliore, l'unica soluzione.
Mi viene in mente Silvano Agosti e il suo testo sul "genocidio invisibile", quello della scuola. Una scuola che ti frega nel momento in cui ti dice che le ciliegie si disegnano rotonde e non quadrate, e solo rosse. Una scuola che ti dice di sederti al "tuo posto", facendoti capire che il tuo posto non è l'intero mondo, come avevi sempre pensato.
Ecco, io penso che la vera sfida sia essere, giorno dopo giorno, l'adulto (genitore, ma non solo) che ti chiede perchè vuoi disegnare le ciliegie come dei rombi; che capisce che le calze, se le metti spaiate e doppie, non lo fai "per capriccio", ma con un'intenzionalità creativa e creatrice tutta tua; che se urli, è perchè stai cercando la tua voce.
Tutto ciò richiede tempo, e probabilmente una pazienza infinita.
Ora penso a Janus Korczak, al suo:
Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. E’ piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli.
Non potrei essere più d'accordo: è faticoso, faticosissimo, frequentare i bambini, soprattutto quando ci siamo dimenticati che lo eravamo anche noi.
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